Queste le novità apportate con l'approvazione dell'articolo 1 emendato. In serata ok anche all'articolo 2 su minori e incapaci. Un primo emendamento ha sancito il diritto dei pazienti di abbandonare le terapie. Un secondo emendamento prevede il divieto dell'accanimento terapeutico aprendo alla sedazione palliativa profonda continua. Infine un altro emendamenrto stabilisce che a fronte del rifiuto di un trattamento sanitario da parte del paziente "il medico non ha obblighi professionali". "Obbligo che resta comunque in capo alla struttura", dice la relatrice Lenzi. Ma sul punto emergono dubbi dei 5 Stelle.
L'Assemblea della Camera ha approvato oggi i primi due articoli del ddl sul bioptestamento. Nel corso dei lavori sono state introdotte alcune modifiche al testo con l'approvazione di tre emendamenti all'articolo 1 introdotti oggi stesso in sede di Comitato dei nove. Innanzitutto, il paziente avrà il diritto di abbandonare le terapie.
Lo stabilisce l'emendamento 1.550 della commissione Affari Sociali che ha soppresso il comma 6 dell'articolo 1. Il comma eliminato prescriveva che "il rifiuto del trattamento sanitario indicato dal medico o la rinuncia al medesimo non possono comportare l'abbandono terapeutico. Sono quindi sempre assicurati il coinvolgimento del medico di famiglia e l'erogazione delle cure palliative".
Verrà poi garantita la terapia del dolore. Questo grazie all'approvazione dell'articolo aggiuntivo 1.01 a prima firma Mario Marazziti (Des-Cd) grazie al quale, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico, viene garantito l'accompagnamento terapeutico nel fine vita, aprendo anche alla possibilità di ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua.
“Il mio emendamento – precisa Marazziti – non configura l'abbandono terapeutico nella fase terminale della vita, ma, al contrario, garantisce la terapia del dolore in modo esplicito, anche in caso di rifiuto o revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico”. E in caso di prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte il medico si deve astenere dall’accanimento terapeutico. E’ infatti scritto che in tali casi “il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati”.
“Viene codificata l’umanizzazione nel morire”, sottolinea il Presidente della Commissione Affari Sociali della Camera.
Riportiamo di seguito il testo dell'articolo 1-bis (Terapia del dolore, divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e dignità nella fase finale della vita): "Il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico. A tal fine, è sempre garantita un'appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina generale e l'erogazione delle cure palliative di cui alla legge 15 marzo 2010, n. 38. Nel caso di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente. Il ricorso alla sedazione palliativa profonda continua o il rifiuto della stessa sono motivati e sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico".
Si stabilisce poi che il medico potrà rifiutarsi di "staccare la spina". È quanto prevede l'emendamento1.552 sempre della commissione Affari sociali, che modifica il comma 7 dell'articolo 1 della proposta di legge. Di fatto, con l'approvazione dell'emendamento, si riconosce al medico di non avere obblighi professionali qualora il paziente, ad esempio, gli chieda di sospendere terapie fondamentali per la vita, come la nutrizione e l'idratazione, o addirittura l'interruzione dei macchinari che lo tengono in vita.
Un apertura dunque, seppur non esplicitata, all'obiezione di coscienza. "Con questa norma, io non ho nessuna difficoltà a dirlo, se il medico ritiene che vada contro alla sua scienza e coscienza come da codice deontologico, può dire ‘mi astengo' e, come dice il codice deontologico, deve farsi carico della cura fino al momento che non arriva il suo sostituto. E quindi abbiamo lasciato e riconosciuto che non possiamo puntare un fucile alla tempia del medico e dire ‘stacca questa persona dalla macchina'. Su questo c'è una divergenza con una parte di noi, nella discussione ci sono state varie posizioni. Questa è la posizione che vi proponiamo oggi", ha spiegato sul punto la relatrice di maggioranza Donata Lenzi (Pd).
"Aggiungo che non è neanche vero che la struttura non sia obbligata, invece, a dare attuazione a quella volontà, perché nel comma 10 dello stesso articolo si dice chiaramente che le strutture devono dare piena attuazione alla legge e, dovendo dare piena attuazione alla legge, sono chiamate a trovare una risposta attiva all'interno del reparto o del settore", ha precisato.
Soddisfatto per la modifica apportata il relatore di minoranza Raffaele Calabrò (Ap): "Abbiamo piantato un picchetto a sostegno dell’autonomia del medico. Con Il via libera dell’Aula all’emendamento fortemente voluto da Alternativa popolare che non obbliga il medico ad attenersi a trattamenti di ogni genere ne abbiamo salvaguardato la professionalità. Siamo ancora lontani da quel giusto equilibrio tra libertà del paziente e autonomia del personale sanitario che avremmo voluto costituisse l’architrave della legge sul testamento biologico, ma abbiamo evitato lo svilimento totale della professione medica".
Preoccupato, invece, il Movimento 5 Stelle che, sul punto, teme possa crearsi un vulnus: "Rispetto all’introduzione di una sorta di obiezione di coscienza “mascherata” per il medico, il timore è che quanto avvenuto crei un vulnus che metta in crisi l'intero impianto del provvedimento. Riteniamo fondamentale il rispetto dell’etica del medico, ma resta fermo che la volontà del paziente deve essere comunque garantita. Per questo diventa necessario inserire nel testo anche l’obbligo per la struttura sanitaria di rispettare comunque la libertà di scelta del paziente, anche nel caso in cui medico si avvalga della possibilità di non rispettarla. Chi sostiene il provvedimento su questo punto deve fare chiarezza”.
Quanto al mancato eplicito richiamo all'obiezione di coscienza, Lenzi ha spiegato: "Quello che noi non abbiamo voluto è una scelta esplicita, che preveda un meccanismo quale quello della legge n. 194, con gente che, prima ancora di trovarsi di fronte al caso concreto, dice cosa farà o non farà, elenchi di persone disponibili o non disponibili, perché quel sistema ha rivelato di avere dei grandi limiti e non è per noi riproducibile, e perché in questo campo, a differenza di tutti gli altri, ogni scelta del medico e del paziente è un caso a sé, una storia a sé, una coscienza che va affrontata in modo puntuale e preciso".
Infine, si è specificato che nessun distinguo o trattamento particolare verrà riconosciuto alle strutture sanitarie private convenzionate. Lo ha stabilito l'Aula bocciando un emendamento centrista che mirava a consentire alle "istituzioni sanitarie private" di poter essere "esonerate da applicazioni non rispondenti alla carta dei valori su cui fondano i propri servizi".
In serata approvato, con emendamenti, anche l'articolo 2 del ddl riguardante il consenso informato per i minori e le perosne incapaci.
La seduta riprenderà domani, giovedì 20 aprile, alle ore 9.30 e si inizierà riprendendo le votazioni sull'articolo 3 interrotte in serata. Per concliudere l'esame mancano circa 80 votazioni su altrettanti emendamenti.
Giovanni Rodriquez
Da QS