Occuparsi di un proprio caro anziano e non più autosufficiente non è sempre un compito facile. Anche se restano fondamentali per ogni attività di cura, affetto ed empatia da soli non bastano: servono anche resistenza psicologica, forza fisica e soprattutto lucidità mentale per essere un buon caregiver.
Prendersi cura dei propri cari, assicurandone il benessere fisico ed emotivo, è l’obiettivo di ogni caregiver, ma diventa un compito impossibile se si è fisicamente o mentalmente stanchi. Bisogna quindi adottare alcuni accorgimenti per non “esaurirsi” e affaticarsi eccessivamente. Innanzitutto, occorre tenere a mente che le persone anziane, anche quelle non autonome, non vanno infantilizzate e trattate come se fossero dei bambini da accudire, sostituendosi a loro in tutte le incombenze. È bene invece accompagnarle nelle attività quotidiane, incoraggiando e mantenendo la loro autonomia dove ancora possibile e supportandole nei compiti in cui non riescono più ad essere indipendenti. Così facendo non ci si fa carico di compiti e incombenze non necessari, che portano via tempo ed energie, e contemporaneamente si mantiene attivo il proprio caro, che ne beneficia a livello fisico e mentale. Coinvolgendola in attività semplici e alla sua portata, come ad esempio apparecchiare la tavola, la persona continua ad esercitare e allenare le sue capacità residue mentre la consapevolezza di poter svolgere ancora un ruolo attivo preserva la sua identità e la sua autostima, non facendola sentire “inutile” o “un peso”.
È importante imparare a chiedere aiuto e a delegare, in modo da potersi ritagliare dei tempi per prendersi cura di sè stessi e degli spazi di svago e relax. Molti caregiver, invece, si sentono in colpa a prendersi del tempo per sé, pensando sia un comportamento da egoisti e piuttosto che “abbandonare” i propri familiari preferiscono rinunciare a prendersi un periodo di pausa. Tuttavia, i caregiver che si dedicano esclusivamente al lavoro di cura senza mai permettersi di “staccare”, di prendersi un momento di pausa, corrono il rischio di sperimentare il burnout, uno stato di esaurimento emotivo, mentale e fisico provocato da uno stress prolungato e eccessivo.
Il burnout è una sindrome che provoca un forte disagio psicologico, un malessere diffuso che porta ad avere un atteggiamento cinico, meno empatico, nei confronti della persona che si sta curando e a sentirsi depersonalizzati e scarsamente realizzati. Chi soffre di burnout affronta i compiti di cura con sempre meno interesse ed entusiasmo ed è portato a provare frustrazione e insoddisfazione. Spesso, inoltre, il burnout è accompagnato da un peggioramento generale del benessere fisico, o anche da sintomi psicosomatici come l'insonnia o psicologici come l’ansia. Se ci si sente soli e travolti dalle diverse attività di cura, le associazioni di volontariato possono offrire un supporto, mettendo a disposizione oltre ad un aiuto nell’assistenza anche luoghi di dialogo e condivisione. Concludendo, è fondamentale concedersi dei momenti di riposo, per eliminare la stanchezza e lo stress accumulati e poi riprendere con rinnovate energie.