Invecchiamento e carenza di personale socio-sanitario nelle RSA e nelle Case di Riposo: le conseguenze della pandemia
Revisione a cura di Luigi Bergamaschini, Professore Associato in Medicina Interna-Geriatria presso l’Università degli Studi di Milano.
Le conseguenze della pandemia
La pandemia da Covid-19 ha avuto evidenti ripercussioni a livello sociale ed economico: le misure restrittive imposte per contenere i contagi hanno limitato di molto i contatti sociali e diverse attività sono state costrette a chiudere, creando situazioni di incertezza, disagio e solitudine.
Anche le strutture residenziali per anziani sono state pesantemente colpite dagli effetti diretti e indiretti della pandemia, nei paragrafi seguenti andremo a tracciarne un quadro sintetico.
Vi sono state delle differenze nella risposta all’emergenza nelle varie RSA. Le strutture “storiche”, con più anni di attività alle spalle e con operatori mediamente più anziani si sono trovate disorientate tuttavia hanno potuto fare affidamento sul loro bagaglio di esperienza professionale. Le strutture più recenti, invece, non hanno potuto ricorrere a questa esperienza acquisita “sul campo” ma in diverse occasioni si sono dimostrate più flessibili e rapide nell’adattarsi alla situazione rispetto a quelle più vecchie.
Inoltre, questa differenza di reazione è anche dovuta al maggiore o minor grado di autonomia delle strutture nel mettere in atto le linee guida fornite dal Ministero della Salute e dalla Regioni: in media le strutture private hanno avuto un maggior margine di manovra nell’eseguire le disposizioni ministeriali.
La professionalità del personale sanitario
La cura della persona anziana si basa su concetti e visioni obsoleti che hanno mostrato tutta la loro criticità e inadeguatezza nel corso della crisi pandemica. Se non altro la pandemia ha reso impossibile negare questo dato di fatto o fingere di non vederlo.
Il personale (operatori socio sanitari, infermieri e medici) ha dato prova di abnegazione e professionalità, permettendo alle strutture di andare avanti nonostante le difficoltà organizzative e la carenza di personale con formazione specifica. Le scuole che formano OSS e infermieri, infatti, non presentano percorsi didattici specifici per chi andrà a lavorare in una RSA.
Si è verificato inoltre un grande cambiamento mediatico nella rappresentazione pubblica delle strutture per anziani, le quali sono state dipinte come luoghi poco sicuri per le persone che vi risiedono; ciò ha provocato incertezza e sfiducia nella popolazione che vive al di fuori di esse e che potenzialmente deve scegliere se far ricoverare o meno un proprio caro.
Concludiamo con una considerazione di ordine economico: è auspicabile che i fondi resi disponibili dal Recovery fund per la salute siano spesi in maniera oculata, per potenziare l’aspetto sociale oltre a quello sanitario delle strutture per anziani. Il presupposto da cui partire è che le strutture ad oggi disponibili sono obsolete nonché superate nella concezione. Ad esempio, le camere singole sono molto poche e le camere doppie sono ancora la grande maggioranza, considerando che la popolazione italiana continua ad invecchiare le (nuove) strutture residenziali devono necessariamente tener conto della privacy degli ospiti e dar loro la possibilità di avere spazi adatti alla socializzazione con gli altri ospiti, con i propri cari e/o amici. Le strutture oltre alla componente infermieristica per la gestione della cronicità sul fronte assistenziale sanitario, dovranno incrementare la propria componente “sociale” per offrire soluzioni che possano creare ambienti più famigliari e consoni a lunghe permanenze degli ospiti anche in assenza di gravi disabilità psico-fisiche.