«Ormai la "quarta età" si individua dagli 80 anni in poi con l'aumento della vita media in Italia. Una crescita che cambia radicalmente lo scenario sociologico italiano».
«La vecchiaia è una grande occasione che la vita può regalare. È un momento in cui si può serenamente tirare le fila dell'esistenza, compiere un bilancio ripensando col giusto distacco alla gioventù e alla stessa maturità. Come scrisse lo psicoanalista e filosofo James Hillman, la personalità di un individuo matura pienamente solo in vecchiaia». Massimo Ammaniti, psicoanalista e psicopatologo, professore onorario alla Sapienza di Roma, ha appena pubblicato per Mondadori La curiosità non invecchia. Elogio della quarta età (138 pp., 17 euro).
Un viaggio in una nuova e crescente realtà della nostra società: quella «quarta età» sempre più popolata da anziani che hanno superato spavaldamente gli 80 anni e spesso proseguono, con vitalità e interesse, ancora per molto tempo (come ha dimostrato la recente inchiesta del Corriere sui novantenni di Adriana Bazzi ed Elvira Serra). Conferma Ammaniti: «Ormai la "quarta età" si individua dagli 80 anni in poi con l'aumento della vita media in Italia. Una crescita che cambia radicalmente lo scenario sociologico italiano».
Così si legge a pagina 108 del libro: «Di certo la curiosità, ossia il desiderio di fare nuove esperienze e di ampliare le proprie conoscenze, è un potente incentivo nella specie umana e può continuare a esercitare la sua forza anche quando si invecchia, come stimolo a tenere gli occhi aperti sul mondo e a non rinchiudersi nelle proprie abitudini e nei propri rituali». Spiega, stavolta a voce, Ammaniti: «Il pericolo è che un anziano si ripieghi su se stesso. Dia per scontato ciò che lo circonda. Finisca per dirsi: "Tanto la vita è questa, è ciò che so e ho già vissuto, non devo aspettarmi nulla di nuovo". In questo modo, l' universo dell'anziano si rimpicciolisce, ci si riduce a un' esistenza costretta in piccole abitudini».
Un pericolo che riguarda anche il rapporto con gli altri, spiega il professore: «Nella migliore delle ipotesi si arriva alla solita espressione "eh, ai miei tempi, questo non succedeva". Nella peggiore, l'atteggiamento diventa critico a priori verso la contemporaneità. C' è di più. I rituali ripetitivi, e anche l' assenza di qualsiasi stress, riducono le capacità reattive della mente e tolgono energie intellettive. Gli stessi circuiti cerebrali vengono sacrificati. Per fare un esempio visivo, è come se da un panorama sparisse qualsiasi rilievo e tutto si riducesse a una monotona, piatta pianura».
E invece ecco un antidoto non chimico e persino gratuito: la curiosità. Uno strumento, assicura Ammaniti, che può garantire anche un fertile patto generazionale: «Quando si è avanti con gli anni, si può instaurare un bellissimo rapporto con i più giovani, in particolare con i nipoti. I nonni non hanno più la pretesa di educare, di indirizzare, di giudicare, come avviene tra genitori e figli: un rapporto spesso reso difficile dalle imposizioni e dalle punizioni. Un anziano invece può correlarsi con i ragazzi trasmettendo il senso distillato e meditato della propria esistenza: e dai giovani, a sua volta, può ricavare un grande nutrimento per la propria curiosità del nuovo». Un dialogo utile per entrambi, anziani e giovani: «I primi saranno così in grado di comprendere meglio gli aspetti di un mondo in costante cambiamento, invece i giovani potranno liberarsi dalla fredda schiavitù di Wikipedia e, per esempio, ascoltare da un testimone diretto cosa sia stata la Seconda guerra mondiale, come fosse una vita di paure, di sacrifici e di ristrettezze». L' essenziale, suggerisce Ammaniti, è rimanere aperti alla curiosità. Cioè, semplicemente, alla vita e alle sue mille sorprese.
Da Corriere della Sera