Le persone anziane con problemi fisici e/o cognitivi, che a causa delle proprie condizioni di salute hanno bisogno di un aiuto nel vivere quotidiano costituiscono la parte più fragile e vulnerabile della popolazione e spesso risiedono in RSA o in Casa di Riposo. Tra gli anziani ricoverati e il personale che si occupa dell’assistenza si crea necessariamente una relazione. Tale relazione presuppone una aspettativa di fiducia ed è proprio nelle modalità in cui questa relazione si realizza che si possono configurare, intenzionalmente o accidentalmente, l’abuso o il maltrattamento nelle loro diverse forme.
La revisione di questo articolo è stata curata da Emilia Guglielmucci e Marika Lepenne, Assistenti Sociali presso l’Istituto P. Redaelli di Milano.
Cosa si intende per maltrattamento
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il maltrattamento come “un’azione singola o ripetuta, oppure l’assenza di un’azione adeguata, che causa danni o sofferenza a una persona anziana, nell’ambito di una relazione in cui c’è un’aspettativa di fiducia”. Nell’ambito del maltrattamento sono inclusi gli abusi fisici, psicologici, sessuali, economici, emotivi nonché l’incuria e l’abbandono.
Gli abusi sono difficili da rilevare e spesso sono soprattutto quelli fisici che emergono, testimoniati da fatti di cronaca. Pertanto, gli abusi denunciati sono solo la punta dell’iceberg di un sommerso fatto anche di abusi psicologici e di abbandono, nei cui ambiti possono ricadere tutti i comportamenti e le azioni, intenzionali o no, insiti nella pratica quotidiana del lavoro di cura.
Ogni struttura deve focalizzare i propri interventi per garantire il maggior livello possibile di benessere della persona ricoverata, rispettandone i tempi e la volontà, affinché l’ospite possa sentirsi ascoltato e continuare ad essere riconosciuto come la persona che è sempre stata.
Il rischio, infatti, è che spesso gli ospiti giungano a far proprio lo stigma del “ricoverato", arrivando a trovare giustificazioni ai gesti e alle modalità assistenziali incongrue, quali gesti “possibili" e di conseguenza "accettabili" all’interno di un contesto di cura.
I Fattori di Rischio
Partendo dal presupposto che nessun contesto socio-sanitario può considerarsi escluso dal rischio che si verifichino al suo interno malpratiche assistenziali, abbiamo cercato di identificare i potenziali fattori di rischio riconducibili alle vittime e agli operatori.
I fattori di rischio riconducibili alle potenziali vittime sono l’età avanzata, le condizioni di disabilità fisica o cognitiva, la difficoltà o impossibilità di comunicare l’abuso subito, la paura di denunciare e la tendenza a proteggere o giustificare chi compie un comportamento d’abuso.
I fattori di rischio legati al contesto e agli operatori sono la scarsa o assente formazione sul tema, la mancanza di consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni, una maggiore attenzione alle proprie esigenze o a quelle dell’organizzazione rispetto a quelle della persona da assistere, la fragilità dell’équipe.
Le possibili azioni di prevenzione: cosa si può fare nella struttura
Affrontare il fenomeno del maltrattamento e degli abusi all’interno di una struttura presuppone il cambiamento del punto di vista, passando dalla considerazione di un evento “impensabile” al riconoscimento di una eventualità possibile. Solo ponendosi a questo livello si può definire un piano d’azione che preveda l’esplorazione, l’analisi e le conseguenti azioni di miglioramento per trattare il fenomeno.
All’interno della struttura è pertanto fondamentale prevedere le seguenti azioni:
- costruire e sperimentare procedure e strumenti dedicati alla prevenzione e rilevazione degli abusi e dei maltrattamenti e successivamente includerli nella metodologia di lavoro e di cura;
- attribuire responsabilità anche nell’ambito di ruoli già esistenti;
- investire nella formazione specifica sul tema della propria équipe di operatori.
Quando si parla di maltrattamenti su soggetti fragili come gli anziani ricoverati in RSA o Casa di riposo è importante sottolineare che le strategie di prevenzione devono essere trasversali rispetto ai ruoli e alle professionalità degli operatori.
In conclusione, ci auguriamo che venga riconosciuto il valore scientifico del tema, promuovendo analisi e studi che coinvolgano diverse strutture, affinché si possano realizzare protocolli e strumenti condivisi e procedure validabili da inserire nei percorsi formativi delle diverse professioni sanitarie.