Toronto e New York, Varsavia e Akita, ma anche Udine e Imperia nella rete delle metropoli amiche dei più longevi, voluta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, strutture e servizi sono pensati e realizzati in base alle esigenze della terza età. Una strategia per affrontare gli anni che passano in buona salute.
Semafori più lenti, per facilitare l’attraversamento, a Varsavia. Sedili nei negozi, così tra un acquisto e l’altro ci si può riposare, a Manchester. Marciapiedi con sistemi di scioglimento del ghiaccio per ridurre cadute e infortuni, ad Akita, in Giappone.
Sono solo alcuni esempi di città «a misura di anziano».
Quelle che hanno aderito al programma Global age friendly cities lanciato dieci anni fa dall’Organizzazione mondiale della sanità per incoraggiare l’invecchiamento in buona salute e migliorare la qualità di vita di una popolazione sempre più longeva. Hanno aderito anche megalopoli come New York e Toronto.
Cosa fa una città “amica degli anziani”? Secondo le indicazioni dell’Oms adegua innanzitutto strutture e servizi in modo che ne possano usufruire anche persone con capacità e bisogni diversi: restare attivi e partecipare alla vita sociale, infatti, è il cuore di una sana longevità e aiuta anche a prevenire l’insorgere di malattie, in particolare
quelle indotte dalla solitudine, come la depressione.
La rete globale dell’Oms “Città e Comuni amici degli anziani” comprende attualmente oltre 400 città di 37 Paesi (146 milioni di persone). Ne fa parte anche Udine, capofila di un gruppo di lavoro sull’invecchiamento all’interno della “Rete europea città sane Oms”.
Spiega Stefania Pascut, coordinatrice dello sportello “Città sane” della città friulana: «Siamo partiti un decennio fa da un’indagine conoscitiva sui bisogni degli anziani in merito alla vivibilità degli spazi urbani e da una mappatura della distribuzione sul territorio dei servizi essenziali farmacia, medico di base, fermata dell’autobus, negozio di alimentari per far sì che fossero raggiungibili entro 500 metri. In questi anni, poi, oltre a ridurre le barriere architettoniche, abbiamo implementato servizi e iniziative per stimolare a rimanere fisicamente, mentalmente e socialmente attivo anche chi è in là con gli anni».
Nella città friulana ce n’è per tutti i gusti: attività ricreative e visite guidate, gruppi di cammino, corsi di ginnastica dolce o di attività fisica adattata (Afa), percorsi di cittadinanza digitale per usare la Rete, fino al progetto CamminaMenti, con laboratori creativi, yoga, proiezioni di film, corsi di cucina o di matematica, biomusica, giochi per esercitare la memoria.
Per non parlare della ludoteca pubblica su tre piani, dove più si sale e più i giochi si complicano e richiedono elevate capacità cognitive.
Ma i costi? «Per diverse iniziative — riferisce Pascut — vengono utilizzati i fondi del 5×1000 che i cittadini devolvono al Comune, alcune rientrano nella progettazione europea, altre prevedono il coinvolgimento delle associazioni».
Dopo Udine, un’altra città italiana, Imperia, è stata riconosciuta due mesi fa dall’Oms “amica degli anziani”.
Oltre a promuovere percorsi di salute e benessere il Comune ligure punta molto sulla solidarietà fra le generazioni, per esempio, promuove iniziative quali Pedibus (anziani che accompagnano i ragazzi a scuola a piedi) e Nonni civici (anziani che sorvegliano plessi scolastici, aree gioco, biblioteche).
Nello stesso fabbricato dove si trova il centro sociale per anziani, Carpe diem, c’è anche un asilo.
«Il centro per anziani del Comune è un luogo di ritrovo dove possono chiacchierare, giocare a carte, ma anche seguire i corsi che si svolgono ogni giorno in determinate fasce orarie, da quelli di lettura o pittura ai corsi di computer, inglese o danza — spiega l’assessore alle politiche sociali, Fabrizio Risso — . Per favorire la mobilità e l’inclusione degli anziani nella comunità, inoltre, stiamo cercando di migliorare l’accessibilità di edifici e spazi pubblici».
In molti casi, sono proprio i contesti urbani a costituire un ostacolo per la longevità attiva.
Un’indagine del Censis di due anni fa rileva, per esempio, che più di un anziano su tre ritiene strade e marciapiedi i luoghi meno funzionali e adatti ai longevi, così come uffici pubblici, centri commerciali e gli stessi ospedali. Secondo la legge del 1986, Comuni e Province avrebbero dovuto adottare Piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche (Peba) entro un anno a pena di commissariamento.
«La Legge 104 del ’92, — ricorda l’architetto Rodolfo Dalla Mora, presidente di Sidima, Società italiana disability manager — ha poi stabilito che i Peba dovessero essere utilizzati anche per rendere accessibili spazi urbani, aree verdi, marciapiedi.
Molti Comuni, però, dicono di non avere fondi per abbattere le barriere architettoniche, né sono previsti investimenti a livello nazionale».
A limitare la mobilità degli anziani sono anche le stesse abitazioni in cui vivono, spesso costruite parecchi anni fa. Non a caso è una delle aree di intervento su cui insiste anche l’Oms. Secondo il rapporto dell’associazione “Abitare e Anziani” — come spiega il suo direttore Claudio Falasca—, in Italia un anziano su tre vive nella propria abitazione da solo e due case su tre non sono dotate di ascensore.
«Una rampa di scale può rendere un anziano isolato e fragile — rinforza Michele Conversano, presidente di HappyAgeing, Alleanza per l’invecchiamento attivo — . Anche
per chi è in buona salute le barriere architettoniche possono essere un ostacolo alla sua autonomia quotidiana e alla vita di relazione».